La proposizione infinitiva comprende le proposizioni oggettive e soggettive. Qual è la differenza tra oggettive e soggettive?
Le proposizioni oggettive esprimono l'oggetto di quanto espresso dalla reggente (es. nel periodo "Ritengo che tu abbia ragione", la proposizione subordinata "che tu abbia ragione" esprime l'oggetto di ciò che io "ritengo" e infatti risponde alla domanda "che cosa ritengo?"). Ad introdurre la proposizione oggettiva sono in particolare:
i "verba dicendi", cioè i verbi di dire, come "dico, affermo, annuncio": dico, adfirmo, nuntio
i "verba existimandi", cioè i verbi di stima, come "ritenere, reputare, considerare": puto, censeo, considero
Le proposizioni soggettive invece esprimono il soggetto di quanto espresso dalla reggente (es. nel periodo "È necessario che tu faccia ciò", la proposizione subordinata "che tu faccia ciò" esprime il soggetto della reggente, quindi ciò che "è necessario"). Ad introdurre la proposizione soggettiva sono in particolare:
i verbi impersonali (es. oportet = è necessario)
i verbi resi impersonali attraverso la 3a persona singolare della diatesi passiva (es. dicitur = si dice)
la 3a persona singolare del verbo "sum" accompagnata da un aggettivo di genere neutro o da un sostantivo (es. iustum est = è giusto; lex est = è legge).
Per quanto riguarda la traduzione dall'Italiano al Latino, le proposizioni oggettive e soggettive si esprimono allo stesso e identico modo:
il "che" (es. Penso che tu sia in ritardo) o il "di" (Credo di aver fatto la cosa giusta) dell'Italiano non si traducono in Latino.
il soggetto della proposizione infinitiva si esprime all'accusativo
il verbo della proposizione infinitiva va sempre all'infinito
se c'è una parte nominale (Es. Ritengo che quell'alunno sia bravissimo), va all'accusativo, perché è riferita al soggetto dell'infinitiva, che ho già tradotto all'accusativo.
Es. Il comandante riteneva che i soldati fossero veloci.
Dux putabat milites veloces esse (milites è il soggetto dell'infinitiva e va in accusativo, esse è il verbo dell'infinitiva e va all'infinito, veloces è la parte nominale all'interno dell'infinitiva e va all'accusativo).
Nella traduzione dal Latino all'Italiano, devo ricordarmi sempre di aggiungere "che" oppure "di" subito dopo la proposizione reggente (Dux putabat).
Abbiamo detto che il verbo dell'infinitiva va espresso sempre all'infinito, ora aggiungiamo che il tempo dell'infinito (presente, perfetto o futuro) va scelto in base a quello della principale e al rapporto temporale - di contemporaneità, anteriorità o posteriorità - esistente tra la reggente e la subordinata infinitiva.
Utilizzeremo l'infinito presente per dare un rapporto di contemporaneità della subordinata infinitiva rispetto alla reggente:
Dico (ADESSO) te strenuum esse (ADESSO) = Dico che tu sei valoroso.
ma anche
Censebam (IERI) te strenuum esse (IERI) = Pensavo (IERI) che tu fossi (SEMPRE IERI) valoroso.
Molti sbagliano nella traduzione di una frase come questa, perché pensano che, trattandosi di un infinito presente, vada tradotto sempre al presente. Invece no! Abbiamo detto che esprime contemporaneità rispetto al tempo della reggente, per questo l'infinito presente "esse" qui va tradotto all'imperfetto, perché esprime una contemporaneità rispetto all'indicativo imperfetto della reggente (censebam). In ogni caso, quando troviamo un infinito presente all'interno di una proposizione infinitiva, dobbiamo immediatamente controllare il tempo verbale della proposizione reggente e scegliere lo stesso tempo anche per la subordinata infinitiva.
Ci serviremo dell'infinito perfetto per dare un rapporto di anteriorità della subordinata infinitiva rispetto alla reggente:
Dico (ADESSO) te strenuum fuisse (IERI) = Dico che sei stato / fosti / fosti stato / eri stato valoroso.
Tra le varie soluzioni (rispetto all'indicativo presente della reggente, posso esprimere anteriorità con l'imperfetto, il perfetto e il piuccheperfetto), scelgo quella più adatta alle mie esigenze di traduzione. In questo caso, opterei per "Dico che sei stato valoroso".
Ovviamente nella proposizione reggente posso avere anche un tempo storico:
Dicebam (IERI) te strenuum fuisse (L'ALTRO IERI) = Dicevo che tu fosti / eri stato valoroso.
In questo caso, rispetto all'imperfetto della reggente, la subordinata potrà esprimere anteriorità con il perfetto o il piuccheperfetto, ma è sicuramente da preferire il piuccheperfetto "eri stato", che è anche il tempo composto dell'imperfetto: "Dicevo che tu eri stato"
Dixi (UN ANNO FA) te strenuum fuisse (DUE ANNI FA) = Dissi che tu eri stato valoroso.
Trovando un indicativo perfetto nella reggente, l'unico modo per esprimere un'idea di anteriorità consiste nel piuccheperfetto.
Se vogliamo esprimere un'idea di posteriorità della subordinata infinitiva rispetto alla reggente:
Dico (OGGI) te strenuum futurum esse (DOMANI) = Dico che tu sarai valoroso.
Quando trovo un infinito futuro, lo traduco con l'indicativo futuro, che dà sempre un'idea di posteriorità rispetto alla reggente. Se però nella reggente c'è un tempo storico, come nell'esempio:
Dicebam (IERI) te strenuum futurum esse (DOMANI) = Dicevo che tu saresti stato valoroso.
Allora l'infinito futuro va tradotto col condizionale passato "saresti stato". Un altro esempio può essere:
Censebam milites pugnaturos esse. = Pensavo che i soldati avrebbero combattuto.
Anche in questo caso ho tradotto l'infinito futuro con il condizionale passato "avrebbero combattuto", perché nella reggente c'è un tempo storico: "censebam".